Napoli Orientale, un “laboratorio di ali” unico al mondo per il recupero del sito di archeologia industriale della Magnaghi

Editoriale
30 Mar 2023

di Paolo Graziano, Amministratore Delegato Ma Group

A Napoli orientale si testano le ali. Letteralmente. Ed è una bella storia, una “storia di chi resta”, per dirla con Elena Ferrante. Perché in un fazzoletto di territorio dove le parole ricorrenti sono bonifica, degrado, criminalità, mare negato, c’è chi guarda al cielo, rafforzando le proprie radici.

Ad Est di Napoli prende vita il primo laboratorio del settore aeronautico al mondo destinato alla qualifica e alla certificazione di componenti fondamentali per il funzionamento sicuro ed efficiente dei velivoli – dalle ali, appunto, ai sistemi di atterraggio per aerei ed elicotteri, quelli che comunemente chiamiamo “carrelli”.

In quanti sono a conoscenza di questa rivoluzione che attirerà – e già attira - in città delegazioni internazionali dalle compagnie aeree più prestigiose di tutto il globo? A chi si deve questo primato? Chi ha investito in questo laboratorio unico di prove sperimentali, in questo gioiello di ricerca e sviluppo dell’ingegneria aerospaziale proprio a Napoli? Di cosa parliamo quando parliamo d’amore, si chiedeva Raymond Carver, tanto per restare in letteratura.

Di cosa parliamo quando parliamo di Napoli? Dovremmo chiederci noi.

Dovremmo farlo a più riprese per non perderci in tifoserie e chiacchiere e lanciare quel che è potenziale oltre l’ostacolo della realizzazione. E avere il coraggio di investire, di sostenere e collegare le varie cattedrali nel deserto che a Napoli Est proliferano “nonostante”.

Il “laboratorio delle ali” sta nascendo nella storica sede del Gruppo Magnaghi, in via Galileo Ferraris.

Sarà accolto in una struttura d’epoca, un capannone di archeologia industriale con tanto di suggestiva ciminiera, al centro di interventi di riqualificazione che ne faranno un unicum mondiale.

Una azione di recupero di un sito industriale come se ne vedono tante altrove – eviteremmo volentieri di citare la sempiterna Milano, ma tant’è – ma che qui ha dello straordinario. Perché - solo per evidenziare una prassi ostruzionista tra le tante - ci sono voluti 12 anni esclusivamente per ottenere le autorizzazioni a procedere con i lavori.

Tempi burocratici biblici che spingerebbero chiunque a chiedersi: ma chi me lo fa fare?

Se fatta a un napoletano, la risposta a questa domanda è spesso la “capa tosta”. In tanti all’estero mi hanno fatto la “corte” per accaparrarsi il lab dei primati. Ma restare e investire nuovamente a Napoli è stata una scelta lunga ma decisa perché nella nostra strategia aziendale c’è l’obiettivo di lasciare cuore e cervello a Napoli, nonostante Magnaghi sia presente in tutti i continenti del mondo. Le nostre radici sono nell’area orientale della città dal 1936 e, nonostante tutti i difetti e gli evidenti problemi, per noi continuare a investire qui è una opportunità, oltreché un dovere. A Napoli formiamo e assumiamo persone con capacità incredibili. Il vero petrolio di questa città è la qualità dei nostri ingegneri aerospaziali. I nostri laureati al Politecnico costituiscono un eccellente patrimonio di competenze che fa gola ovunque, perché devono andare via? Perché dobbiamo perderli? Perché non possono lavorare per noi e per Napoli? Le attività che accoglieremo ad Est sono test di qualifica e certificazione di prodotti complessi dalla notevole portata tecnologica e di innovazione. Noi daremo vita ad Est a un laboratorio che non ha eguali, dove si verranno a testare ali e altri sistemi che volano e che lo fanno per tutta la vita.

Qui il contenuto è più importante del contenitore.

Perché effettueremo prove di prodotti che fanno atterrare e decollare gli aerei, attività che faremo con i primari velivolisti al mondo, con i più grandi costruttori di aerei che verranno a qualificare queste strutture da noi, che per anni arriveranno da tutti i continenti a testare i loro progetti. E ci siamo detti: facciamo la scelta di restare dove siamo da sempre”. L’investimento raggiunge i 30 milioni di euro, i tempi di realizzazione sono brevissimi: 18 mesi. I partner coinvolti sono di respiro ampio, come Boeing ad Airbus. L’azienda per fortuna può permetterselo.

Facciamo il nostro da sempre, ma adesso tocca anche agli altri, al pubblico in primis.

I privati che investono vanno sostenuti. Siamo felici di restare a Napoli, ma chiediamo la riqualificazione dell’intera zona. E non siamo i soli a vederla così e a chiedere una seria riqualificazione di tutta l’area orientale. Le aziende e gli imprenditori coinvolti nell’associazione Est(ra)Moenia – tra i quali rientra anche la stessa Magnaghi – chiedono, infatti, la stessa cosa: la collaborazione tra pubblico e privato. Il pubblico deve fare il suo: servono le strade, i servizi, le infrastrutture non a macchia di leopardo in una zona industriale che ha grossissimo potenziale. Non vogliamo l’ennesima oasi felice ma lo sviluppo dell’intera area per renderla accogliente, vivibile. Ad Est esiste un barlume di innovazione, la Apple è bellissima ma è una eccezione messa in un contesto difficilissimo, la stessa condizione vale per Magnaghi. Oggi le delegazioni internazionali che arrivano ad Est, dopo le 17 dove vanno? Cosa trovano? Quando ero presidente a Confindustria dicevo sempre che a Napoli non si vedono gru. Ecco, adesso vedere una gru ad Est, proprio lì, ci fa molto piacere e in questo l’amministrazione ha fatto un grande lavoro, concedendoci finalmente le autorizzazioni per procedere.

Adesso chiediamo innanzitutto di essere inclusi nella zona ZES.

Perché, per ironia della sorte, tutta l’area circostante è ZES tranne la particella dove siamo noi e, siccome il prestigio del contenuto è alto e la riqualificazione del contenitore è notevole, essere inclusi in ZES per noi già sarebbe tanto. Poi chiediamo – e in questo l’amministrazione già si prodiga in verità tanto – il rilascio più rapido delle autorizzazioni. La zona deve essere rifatta completamente: a partire dalla fibra ottica fino ad arrivare alla falda acquifera che è a un metro e mezzo da noi ed è di interesse nazionale perché molto inquinata. C’è tanto lavoro da fare e la scelta è tra il decidere di lasciar perdere oppure di abbracciare l’alternativa, secondo il mio approccio condiviso anche da molti imprenditori, presenti anche in Est(ra)Moenia.

Facciamo prima noi e poi chiediamo agli altri di seguirci.

Proprio perché lavoriamo su prodotti che durano per sempre e per l’unicità del servizio offerto, il nostro investimento non è di quelli in cui a un certo punto possiamo dire “abbiamo scherzato”. Con grande coraggio, abbiamo fatto questa scelta, però il solo modo per farcela è uno per tutti, tutti per uno, mai come oggi le opportunità ci sono, i finanziamenti pure. Lo sviluppo però non lo porta la cicogna, ma gli imprenditori e il giusto connubio pubblico e privato. Oggi serve il fare, far discutere e a parlare dei sistemi virtuosi, serve rimettere le gru*.

*L’editoriale è estratto da una intervista pubblicata su Il Mattino

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